Vite di coppie non illustri quasi esistite, per quanto/ Priscilla e Tancredi detto “Thor”

Priscilla Carozzi aveva una famiglia orribile.
Suo papà aveva testa e cuore solo per i propri affari strampalati e mostrava sincero affetto soltanto verso l’unica persona che amava davvero: se stesso. Sua mamma non era poi così male, se non fosse che aveva completamente disimparato a pensare con la sua testa, dopo il trattamento ricevuto dal marito nonchè padre di Priscilla: semplicemente non sapeva come si faceva, a dimostrare l’amore. Suo fratello era l’epitome dell’egoismo umano: non era cattivo, piuttosto il suo mondo iniziava e finiva con il benessere della sua propria persona.
Priscilla quindi era cresciuta da sola, come un albero nato in un bosco. Non che le fossero mancati il cibo nel piatto o i vestiti per coprirsi o un tetto sopra la testa, questo no: era la considerazione, quella che non aveva avuto. Ti piace questo vestito, lo vorresti indossare? Ecco una domanda che avrebbe dimostrato considerazione. Sei proprio brava a scrivere, non vorresti farne una professione? Ecco un’altra domanda notevole che Priscilla avrebbe tanto voluto che le fosse stata rivolta, a posteriori. Il guaio, pensava Priscilla, era dover imparare così tanto da sè stessi e sulla propria pelle, oppure dai libri: a volte l’esperienza si rivelava scoraggiante. Perchè una volta scoperta una verità emozionante, era troppo tardi per riviverla: il momento era passato e lei non aveva saputo reagire appropriatamente per mancanza di informazioni.
Qualcuno al quale poter parlare senza essere giudicata. Qualcuno che la ascoltasse senza lo sguardo calcolatore di chi sta già assaporando quale pezzetto di lei pretendere in cambio di una parola distratta, un sorriso anche falso, un abbraccio insincero.
Ecco, l’ascolto: un’altra mancanza fondamentale.

“C’è un errore a pagina quarantatre, quarta riga partendo dal margine inferiore, una A anzichè una O, la parola corretta è cappello” Una cappella al posto di un cappello, i poveri bambini non ne avrebbero mai colto l’ironia.
Correggere le bozze, un lavoro che sapeva temporaneo ma che le dava – oltre al modesto compenso, che non guastava, certo – la possibilità di rimanere in contatto con il mondo dell’editoria.
E tra una bozza e l’altra c’era il desiderio che si presentasse l’occasione di far scivolare uno dei suoi racconti nel plico destinato a un qualche scrittore, nella speranza che prima di cestinarlo gli concedesse almeno una scorsa.
“Scorsa anzichè scorta, pagina quarantasette, settima riga dal margine superiore”.
Giorno di paga, oggi: perchè non approfittare del denaro in più guadagnato con gli straordinari per fare una gita al mare? Prima che a qualcuno in famiglia potesse venire in mente una destinazione più meritevole per il suo ridicolo stipendio.

Tancredi Cifuzzi detto Thor a causa del suo aspetto, biondo-occhi azzurri-alto-muscoloso: è quasi superfluo specificarlo ma lo facciamo giusto perchè ci fa piacere anche solo immaginarcelo, lavorava temporaneamente come bagnino nello stabilimento dello zio: in attesa di trovare il suo primo vero impiego da veterinario e mettere da parte soldi a sufficienza per poter aprire il proprio studio.
L’anatomia del maiale, ripassare con un occhio alla battigia e uno al libro aperto sulle gambe nude.
Non che ci fosse questa gran folla da sorvegliare: faceva ancora troppo freddo per attirare le famiglie con bambini piccoli, quelli a cui lui dedicava più attenzione.
“Le zampe del maiale, corte e forti, si presentano dotate di due zoccoli centrali maggiori e di due speroni laterali…” mentre ripeteva a mente alzò gli occhi alla spiaggia per ritrovarla non più deserta come poco prima: una ragazza era ferma davanti all’acqua, i capelli rossi splendenti nella luce radente del pomeriggio di primavera inoltrata. Incapace di distogliere lo sguardo dal suo colore preferito, rimase a fissarla mentre lei si toglieva esitante i jeans e il maglione rimanendo in un costume olimpionico nero. Davanti ai suoi occhi curiosi, la ragazza ripose i propri indumenti nella borsa che aveva appoggiata sulla sabbia. Senza curarsi di raccogliersi i capelli lei si avviò lentamente verso le onde calme.

Proviamo un po’ se riusciamo a non affondare come una pietra, si diceva tra sè e sè – proprio letteralmente, lei e se stessa – Priscilla mentre si avvicinava all’acqua.
L’ultima volta è stata quasi ridicola se non fosse stata spaventosa, ricordava. Come fosse possibile disimparare a nuotare lei proprio non sapeva spiegarselo. Un piede dentro l’acqua poi l’altro. Che fredda. Ma piacevole. Immersa fino alla vita. Forza, un po’ più avanti che qui si tocca ancora, si autoesortò.
Prima di poter realizzare quando e come il mare si fosse richiuso sopra la sua testa, si ritrovò stretta tra due braccia forti a uno sconosciuto torace nudo.
“Thor?!” chiese Priscilla, fissando il proprio sguardo sorpreso in quello blu di Tancredi.
Perchè Priscilla aveva uno svago preferito, un modo per evadere per qualche momento dalla sua realtà e viaggiare con la fantasia: leggere. Aveva cominciato prestissimo e non aveva più smesso. Leggeva e viveva le vite che altri avevan scritto per lei. Aveva sposato uno scapolo dotato di una discreta fortuna. Aveva percorso ventimila leghe sotto i mari. Aveva scoperto che non solo per lei ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Era stata nella valle dell’eden.
Aveva pianto amaramente con gli uomini e i topi. Aveva riso con tre uomini in barca. Aveva amato follemente tra i venti delle cime tempestose.
E le piacevano anche i fumetti, adorava i supereroi che potevano tutto, stravedeva per Thor.
Leggere le aveva salvato la vita metaforicamente e adesso Thor gliela stava salvando concretamente.
“Ci conosciamo già?” chiese dubbioso a Priscilla l’eroe biondo senza lasciarla.
“Non lo so ma non credo altrimenti saprei di saperlo” rispose lei ancora un po’ confusa dal semiannegamento.
“Allora come mai mi hai chiamato Thor? Come fai a sapere del mio soprannome?” domandò lui.
“Gli somigli, anzi sei uguale, per questo ti ho chiamato così” gli rivelò lei.
“Piacere, Tancredi” disse lui sorridendo.
“Priscilla, piacere di conoscerti. Adesso puoi anche lasciarmi andare, comunque” fece lei rispondendo al sorriso.
“Neanche per sogno” disse lui deciso. “Ti ho salvato la vita e adesso quella mi appartiene, non lo sai?”
E fu così che Priscilla andò incontro al suo futuro rischiando di annegare in una sera di giugno.
Una scorciatoia perfetta per arrivare all’amore.

4 pensieri su “Vite di coppie non illustri quasi esistite, per quanto/ Priscilla e Tancredi detto “Thor”

  1. Sono convinto che la vite di entrambi si appartenessero già da molto tempo prima, probabilmente da sempre. Era soltanto mancata l’occasione che le loro vite si incrociassero.

    Vorrei, se mi è permesso, fare alcune considerazioni:

    – in ufficio chiedono a me di correggere i testi delle brochure e delle schede, sono quindi in parte, nel mio piccolo, correttore di bozze.

    – Thor era ed è il mio supereroe preferito, più di superman, più dei fantastici 4, più di spiderman, più di flash gordon, più di chiunque altro.

    – se mai riuscissi a trovare la mia Priscilla mi getterei a capofitto in qualsiasi ruscello, fiume, lago, mare od oceano per salvarmi insieme a lei. Insieme a lei.

    Lo confesso, in questo tuo meraviglioso racconto mi sono visto, quasi riconosciuto. E posso solo dirti grazie per avermelo concesso.

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