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Nelle fredde mattine di marzo, quando esci all’alba per andar dall’ortolano
e arrivarci prima che un’orda di vecchietti assatanati ti freghi le zucchine migliori, l’aria frizzante e la bruma ti fanno rabbrividire: e su quei brividi, il pensiero ti corre a San Tremebondo dei Migliori, quasi martire.
Pio vissuto in un secolo lontano e dimenticato, un’epoca di soprusi nella quale pochi avidi signori spadroneggiavano su di una popolazione inerme costretta a privarsi del necessario per pagare tasse inique e assurde, egli non aveva che il coraggio di essere se stesso.
Catturato per essere sottoposto a tortura, per la paura di quanto l’attendeva tremava con tale intensità da non consentire ai suoi aguzzini
neppure di legarlo alla tavola dei supplizi.
I malcapitati carcerieri persero così tanto tempo perseverando nei vani tentativi di legare Tremebondo,
che per lo sconforto decisero di convertirsi: col suo solo tremore, Tremebondo conquistò alla fede (ma quale? Boh) tre nerboruti farabutti.
neppure di legarlo alla tavola dei supplizi.
I malcapitati carcerieri persero così tanto tempo perseverando nei vani tentativi di legare Tremebondo,
che per lo sconforto decisero di convertirsi: col suo solo tremore, Tremebondo conquistò alla fede (ma quale? Boh) tre nerboruti farabutti.
Per commemorare degnamente quel sant’uomo, il 29 marzo si perde tantissimo tempo.
Anche non volendo.