Funny Friday/9

O tempora, o mores!

A man standing in line at a check out counter of a grocery store was surprised when a very attractive woman behind him said, “Hello!”
Her face was beaming.
He gave her that “who are you look,” and couldn’t remember ever having seen her before.

Then, noticing his look, she figured she had made a mistake and apologized.
“I’m really sorry but when I first saw you, I thought you were the father of one of my children,” and walked out of the store.

The guy was dumbfounded and thought to himself, “What the hell is the world coming to? Here is an attractive woman who can’t keep track of who fathers her children!”

Then he got a little panicky. He didn’t remember her, but maybe during one of the wild parties he had been to when he was in college, perhaps he did father her child.

He ran from the store and caught her in the parking lot and asked, “Are you the girl I met at a party in college and then we got really drunk and had wild crazy sex on the pool table in front of everyone?”

“No,” she said with a horrified look on her face. “I’m your son’s second grade teacher.”

Vite di coppie non illustri e neppure esistite, per quanto/2 – Marta e Gianluca

Il ragioniere Marta Languzzi lavorava come contabile nell’aziendina di famiglia, la famosa LaFiFaLanguzzi Filati Favolosi. Primogenita di quattro sorelle, aveva intuito qualcosa sul proprio futuro all’età di sei anni e mezzo circa, quando babbo natale le aveva fatto trovare sotto l’albero Il Piccolo Pitagora anziché la bicicletta con il cestino che lei si era premurata di descrivere nella letterina appesa alla mensola del camino. Per amor di giustizia, bisogna aggiungere che pure le sue sorelle avevano trovato doni corrispondenti al loro ancor lontanissimo percorso aziendale: Marisa aveva ricevuto pennarelli in centoventi diverse tonalità “per scoprire la meraviglia dei colori”, per Mirella c’era stato Magliaia in Erba con tanto di uncinetti di plastica colorata e per Maddalena, tre anni e mezzo appena, un meccano da trecentosessanta enormi pezzi: qualcuno avrebbe pur dovuto occuparsi della parte tecnica!

Mentre le sue sorelle crescendo avevano accettato senza porsi troppi quesiti il proprio destino aziendale, divertendosi anzi a scoprire nuovi orizzonti filati, per Marta occuparsi della contabilità era solo un dovere, che svolgeva con diligenza perché amava la sua famiglia, perché aveva un talento eccezionale per sommare, sottrarre e moltiplicare e perché il lavoro in famiglia le permetteva quel tanto di elasticità tra orari e scadenze che la faceva sentire libera di scegliere.
Seduta alla scrivania un giorno dopo l’altro facendo quadrare i conti e il bilancio, la finestra che guardava sui campi la chiamava: quando non ne poteva più si alzava, apriva i vetri e respirava il profumo della terra. Pregustava il fine settimana, i suoi due giorni di gioia. Quarantotto ore a tutto letame.

Gianluca Peralli allevava mucche da latte nell’azienda agricola di famiglia. Lui e Marta erano stati compagni di scuola alle medie, si erano persi di vista tra agraria e ragioneria e si erano ritrovati imparentati quando Giovanni, fratello maggiore di Gianluca, aveva sposato la magliaia-non-più-tanto-in-erba Mirella. Il ricevimento nuziale si era tenuto tra i campi e il frutteto dell’Aia Giuliva, la fattoria dei Peralli.

E lì Marta aveva scoperto una vocazione, una missione, un piacere: fare l’ortolano. Tra i filari degli ultimi pomodori, i più dolci, quelli di settembre, in mezzo alle enormi piante di zucchine romanesche l’aveva trovata Gianluca: con le mani dentro la terra scura, sorridente. Da quel giorno in poi,
ogni fine settimana Marta lo passava nel proprio scampolo di orto, quello che Gianluca le aveva assegnato sui terreni di famiglia. L’avevano dissodato insieme in ottobre, concimando le zolle per le semine di primavera. Nella serra, Gianluca le aveva liberato lo spazio necessario per gli attrezzi, che le aveva regalato lui stesso: un set completo, zappe, vanghe e rastrelli con il manico rosso fuoco.
Gianluca Peralli sapeva di essere stato molto fortunato: non è da tutti intuire il proprio percorso ideale da bambini ed essere poi lasciati liberi di seguirlo senza ostacoli anzi con ogni incoraggiamento. Certo, la circostanza che la sua famiglia possedesse un’azienda agricola l’aveva aiutato parecchio a metter su il proprio allevamento: ma se piuttosto avesse desiderato diventare ingegnere aeronautico non avrebbe fatto alcuna differenza. I suoi genitori credevano nell’Amore con la A maiuscola e mai gli avrebbero posto veti. Gianluca invece l’Amore lo guardava negli occhi ogni fine settimana, lo aiutava a dissodare la terra, a seminare, a diserbare e a raccogliere a seconda della stagione. Lei lo chiamava Peralli: Peralli mi aiuti domani con i fagiolini? Peralli hai visto che pomodori quest’anno! Peralli non vedo l’ora di prendermi le ferie dall’ufficio.
Lui, la chiamava Marta ma la pensava Amoremio. Solo che non gliel’aveva mai detto.
Si era figurato la scena così tante volte, immaginando sempre uno sfondo diverso: d’autunno nelle vigne, d’estate nell’orto, in primavera nel meleto, d’inverno sotto il portico decorato a festa. Niente, non gli riusciva proprio di farsi uscire di bocca le parole. O di usarla, la bocca, per stamparle un bacio non proprio sulla guancia.
“Cosa farai a Natale?” le chiese una sera, di domenica, proprio mentre lei stava per tornare a casa sua. “Vivrò la stessa folle avventura dell’anno scorso: a casa sul divano.” rispose lei. “Quest’anno ancora più riposante: la mia famiglia partirà il 26 per andare in gita al mare d’inverno. Tre giorni tutta sola!”
Perchè non m’inviti? pensava lei. Perchè non m’inviti? stava invece pensando lui.

Non c’è niente come tacere, a volte.

Sotto l’albero, la sera del 25 lui trovò anche un pacchetto da parte di Marta: dentro, un paio di mezzi guanti di lana grezza e morbida e un biglietto scritto a mano.
Lei, trovò da parte di lui una piccola scatola di legno chiusa con un fiocco rosso: conteneva un sacchetto di sementi selezionate. E un biglietto scritto a mano.
La mattina del 26 dicembre Gianluca si era alzato prestissimo come al solito, le sue mucche non si curavano delle festività comandate. Sbrigò le sue faccende con insolita fretta.
Presentarsi a casa di Marta alle nove di mattina senza telefonare poteva non essere la migliore delle strategie di conquista: ma lui non ce la faceva più ad aspettare. Erano anni, che diamine!
La baciò non appena lei gli aprì la porta: e non proprio sulla guancia.
Lei ricambiò con uguale ardore.
Più tardi, stretti sul divano davanti al fuoco acceso nel grande camino, lui parlò per primo.
“Grazie per il regalo. Per il biglietto, soprattutto.”  disse tirandolo fuori dalla tasca dei jeans.
Se vieni a casa mia domani ti faccio vedere come si usano. Con amore, Marta.
“Il biglietto è la parte migliore anche del tuo regalo, in effetti.” sussurrò lei mostrandoglielo:
Se vieni a casa mia domani ti faccio vedere come si usano. Con amore, Gianluca.

Non c’è niente come scrivere, a volte.

Tall Tale Tuesday/1

Ranocchio verde e  muschioso, indiscusso re del proprio stagno,  divoratore indefesso di libellule,
indisturbato gracchiatore delle notti d’estate,
viveva tranquillo tra le canne.

Un giorno una principessa – ancora zitella e malconsigliata – pensò bene di sbaciucchiarselo:
trasformatosi suo malgrado in un principe azzurro, ancora non si capacita di dover montare a cavallo.
E indossando delle stupide brache, perdipiù.

Funny Friday/7

One morning the husband returns after several hours of fishing and stretches out in his lawn chair to take a nap.
Although not familiar with the lake, the wife decides to take the boat out.
She motors out a short distance, anchors, and reads her book.

Along comes a Game Warden in his boat. He pulls up alongside the woman and says, ‘Good morning, Ma’am. What are you doing?’

‘Reading a book,’ she replies (thinking, ‘Isn’t that obvious?’).

‘You’re in a Restricted Fishing Area,’ he informs her.

‘I’m sorry, officer, but I’m not fishing. I’m reading.’

‘Yes, but you have all the equipment. For all I know you could start at any moment. I’ll have to take you in and write you up.’

‘If you do that, I’ll have to charge you with sexual assault,’ says the woman.

‘But I haven’t even touched you,’ says the game warden.

‘That’s true, but you have all the equipment. For all I know you could start at any moment.’

‘Have a nice day ma’am,’ he said, and then…

left.

 

Vite di coppie non illustri e neppure esistite, per quanto/1

L’erede Ponchielli, battezzato Odoacre in onore del nonno materno, si vide appioppare – al capezzale di quest’ultimo – tutta la responsabilità della conduzione della fabbrichetta di famiglia. Il Premiato Pastificio Ponchielli, fondato da Odoacre senior nella cucina della propria madre non appena tornato dalla guerra (ignoriamo, per esserci colpevolmente distratti, di quale conflitto si trattasse) era cresciuto negli anni fino ad occupare un intero palazzotto di due piani: a quello terreno impastatrici ed essiccatoi, al piano superiore uffici…e abitazione di Odoacre junior. Perchè Odoacre junior aveva infine promesso al nonno morente che mai avrebbe trascurato il PPP: ci si sarebbe anzi dedicato anima e corpo. Amen. Arrivato a quarant’anni, Odoacre junior non si era mai, mai innamorato. Certo, aveva avuto le sue cotte, sulle quali con discrezione sorvoleremo: ma non aveva mai affidato il proprio cuore e il proprio futuro ad un’altra persona. Nei suoi pensieri c’era solo il PPP. L’essiccazione dei tortiglioni. Lo spessore degli spaghettini. La ruvidezza delle tagliatelle all’uovo. Il nome giusto per il nuovo formato di pastina all’uovo, così quadrato eppure tanto irregolare.

Ortensia Benassi era diventata adulta lavorando al Premiato Pastificio. Ci era entrata come semplice segretaria all’età di 22 anni e in dodici anni di onorato servizio era diventata l’assistente personale di Odoacre. Precisa e puntuale, si occupava dell’agenda di lui con dedizione assoluta. E non solo. Gli gestiva gli appuntamenti di lavoro e gli fissava quelli dal dentista. Gli ordinava i panini per lo spuntino di mezzogiorno, attenta a che fossero gustosi ma sani. Gli rinnovava il guardaroba ad ogni cambio di stagione. Lo aspettava quando faceva molto tardi in azienda. Lo raggiungeva quando decideva di lavorare anche il sabato.
Una domenica mattina, Ortensia beveva il primo caffè della giornata nella enorme cucina della casa ereditata dalla nonna. La finestra che dava sul giardino era aperta e l’aria dell’inverno in arrivo entrava, benvenuta, dal varco tra i vetri. La mia vita è perfetta, pensò Ortensia. Possiedo una bellissima casa. Vivo da sola e faccio quello che mi pare. Decido io per me. Ho un lavoro che amo. Non mi manca proprio niente.
Tranne quello che desideri, disse una voce dentro la sua testa. Ma io non desidero altro che quello che già ho, rispose Ortensia alla nonna. Perchè la voce le era sembrata proprio la sua. Questo non è del tutto vero, continuò la nonna. Io lo so e tu lo sai. E sparì.
In effetti, c’era qualcosa che Ortensia voleva intensamente. Meglio: qualcuno.
Le braccia muscolose di Odoacre che la stringessero forte. La bocca di Odoacre sulla propria. Il cuore di Odoacre, in senso figurato, e il corpo di Odoacre in tutti i sensi.
Il suono del cellulare interruppe i pensieri improvvisamente consapevoli di Ortensia. “Potresti raggiungermi in azienda?” disse, appunto, Odoacre. “Per favore, ti prego.” E riagganciò.
Ortensia combattè brevemente una battaglia persa in partenza contro la propria stessa indignazione: la curiosità aveva già vinto.
Scovò subito Odoacre nel loro ufficio condiviso. Affacciato alla finestra spalancata, la sentì entrare e la salutò senza voltarsi. “Grazie di essere qui. Ieri sera ero a una cena di famiglia, sai? Mio fratello e sua moglie volevano annunciare a tutti noi riuniti che lei è incinta. Al dolce, mio fratello si è alzato, ha preso per mano la sua mogliettina e ha proclamato tutto fiero che tra qualche mese mamma e papà sarebbero diventati nonni e io, zio. E io mi sono subito girato verso di te per…naturalmente tu non eri là con me” disse Odoacre voltandosi verso di lei. “Se tu ci fossi stata, ti avrei abbracciata” disse lui, facendolo. “Ti avrei chiesto quando sarebbe toccato a noi l’annuncio” le mormorò all’orecchio. “Ma se non siamo neanche fidanzati!” esclamò Ortensia indietreggiando. Lo spazio improvviso tra di loro vide Odoacre piegato su un ginocchio tirar fuori di tasca una scatolina blu, aprirla e chiederle, offrendole l’anello: “Sposami.” Tipico di Odoacre.
Mentre esclamava “Sì!” Ortensia sentì la nonna ridere. E la propria voce aggiungere, fermissima: “A una condizione.” Odoacre la fissava, in attesa. “Tu ti trasferirai a casa mia e vivremo lì.”
“Ovvio” le rispose lui.
“Mica possiamo metter su famiglia sopra il PPP.”