In una sera d’inverno

Una sera d’inverno,
ti accorgi.
È stato l’odore del freddo.
O il profumo di legna bruciata nell’aria.
Lo sapevi.
O forse no.
Hai pianto perché sei rimasta sola.
Perché c’era troppa gente.
Hai pianto perché non c’eri.
Perché c’eri.
Perché hai un ricordo.
Perché non hai un ricordo.
Il dolore del tempo già passato.
Quello del tempo che resta.
Le ferite che hai inferto.
Senza volerlo. O per rabbia.
Le ferite che hai subìto.
Per trascuratezza di chi avrebbe dovuto esserci.
Perché c’era chi avrebbe dovuto trascurarti.
Benedetto quel giorno. Solo dopo.
Che giorno infausto. Proprio.
È stato il destino.
Il destino non esiste.
Una fatalità.
Le fatalità non esistono.
Il dolore ha tanti genitori.
Ne ha uno solo,
ed è un’assenza.

Come un bambino

Non dirmi del buio,
non dirmi del dolore.
Racconta solo
la luce,
dimmi soltanto il sorriso.
Usa quel tono dolce,
quelle parole gentili,
quelle che son riservate
ai fortunati
che non sanno,
ancora.
Non dirmi, oggi,
del male.
Non dirmelo,
ancora.
Domani, lo so, tornerò
consapevole.

Oggi, voglio solo un momento.
Voglio solo il sorriso.

Dimmi, allora,
come un bambino.