Vite di non illustri neppure esistiti, per quanto/ Mirko Giovanni e Isadora Maria

L’imprenditore edile Mirko Giovanni Frantoni aveva sempre desiderato possedere una casa tutta sua. Perché non costruirsela, gli chiedevano di continuo conosciuti e sconosciuti. Perché lui non voleva dover vivere in una casa della quale aveva visto i muri nudi con i tubi a vista e i pavimenti spogli prima dei rivestimenti, le finestre come buchi vuoti e le porte senza infissi: voleva trovarsela già pronta, la sua casa, e innamorarsene, punto.
Aveva risparmiato abbastanza, era il momento di lasciarsi andare all’eccitazione della cerca.
E scoprire se davvero all’agenzia immobiliare che gli era stata caldamente consigliata eran capaci di fare meraviglie: leggerti nello sguardo, le precise parole del suo amico.

L’immobiliarista Isadora Maria Castallini amava moltissimo il proprio lavoro. Adorava abbinare le case ai clienti. La vecchietta timida all’appartamento a piano terra, minuscolo ma con giardinetto per gerani e dragoncello. La coppia folle di passione alla casetta a schiera, saggiamente lontana dalle rispettive famiglie eppure comodamente vicina al paesone. Il signore distinto forse vedovo, all’attico centralissimo con vista sul duomo.
Vedere nello sguardo del cliente di turno la luce del riconoscimento: è proprio quella giusta! – le dicevano quegli occhi – finalmente l’ho trovata. La soddisfazione di quei momenti la ripagava delle sue – troppe – serate davanti alla tivù, con la sola compagnia di Vercingetorige. Il gatto.

Mirko entrò nella piccola agenzia immobiliare con in mente tutto un elenco di caratteristiche imprescindibili, la bocca già aperta…che tale rimase senza che suono ne uscisse:
il desiderio di possesso si trasferì dall’immobile del sogno all’immobiliarista del presente.
Una strategia diabolica di conquista prese forma nel suo cervello folgorato dal colpo di fulmine.

Appena Isadora, dopo le presentazioni – mi chiami Isa, la prego – si sedette al computer per compilare il form con la descrizione particolareggiata della sua casa ideale, lui partì con una serie di richieste, del tutto differenti da quelle che si era preparate:
“La vorrei grande, due piani, direi. Almeno tre stanze da letto. Ognuna con il proprio bagno” E a quest’aggiunta a Isa scappò un’esclamazione di disappunto, che pronta mascherò fingendo un colpo di tosse. Lui proseguì serafico: “Vorrei anche ci fosse la soffitta, abitabile. Poi, mi faccia riflettere…salone molto spazioso, con camino. Di pietra. Giardino, con prato e alberi naturalmente” puntualizzò. “Certo, alberi, prato, magari orto e frutteto” rispose Isa senza nascondere l’ironia, che Mirko ignorò: “Portico calpestabile, con l’opzione di chiuderlo e trasformarlo in veranda. Garage. Tavernetta, seminterrata, ovvio” terminò compunto.
“Bene” lo informò Isa sopraffatta dall’abbondanza di informazioni “abbiamo già in archivio un paio di proposte che corrispondono in parte – il tono di Isa si fece un po’ duro ma si riprese subito – alla sua descrizione, mi lasci fare qualche telefonata e se vuole possiamo vederci, dunque, oggi è mercoledì… venerdì le andrebbe bene? Pomeriggio, magari?” chiese.
“Venerdì va bene, nel primo pomeriggio poi sarebbe perfetto. Anzi, perché non andare a mangiare un boccone insieme? Magari nei pressi della prima casa da visitare” propose lui tutto speranzoso.
Isa non gli rispose subito né di sì né di no. Prima lo scrutò perplessa. Lui le restituì lo sguardo, sorridendo.
“D’accordo” concesse infine lei alzandosi da dietro la scrivania per congedarlo. “Conosco un posto, una specie di osteria, proprio non lontano dalla casa che ho in mente, dove preparano dei panini vegetariani squisiti. Lei non ha niente contro i vegetariani?” domandò Isa, d’improvviso sulla difensiva.
“Io?! Ma proprio il contrario! Quasi quasi diventavo vegano, pensi un po’!” esclamò Mirko.
“E cosa l’ha trattenuta?” chiese lei, curiosa.
“L’amore per il Parmigiano. E’ un legame che non posso spezzare” rispose lui senza esitazioni.
“Anch’io lo adoro, il Parmigiano voglio dire” si fece scappare Isa.
“Un’altra cosa che abbiamo in comune” ribatté pronto Mirko.
“Oltre a quale, scusi?” chiese lei tutta rigida.
“La passione per le case, evidente!” esclamò lui gongolante.
“Ah ecco, sì certo, ovvio” si impappinò Isa un po’ imbarazzata.

Il venerdì fissato per la prima visita svegliò la piccola città con un vento forte che soffiava dal mare lontano: il profumo di salsedine nell’aria era così intenso da far nascere più di un desiderio.
Isa ad esempio desiderò una spiaggia vuota e una passeggiata a riva in un tramonto luminoso. Fumoso e sognante.
Mirko invece desiderò un piatto di spaghetti con le vongole. Concreto e fumante.
Accompagnati da un’euforia frizzante, frutto di certo dell’insolita aria salmastra, Mirko e Isa si incontrarono davanti all’osteria con cucina “Da Annamaria – La Migliore Che Ci Sia”.
Dentro, un’atmosfera semplice e un aroma palpabile di pane appena sfornato: scelsero, un’attesa brevissima poi aggredirono i propri rispettivi panini caldi e profumati con un appetito che richiese subito una giustificazione.
“Stamattina non ho avuto il tempo di fare colazione” spiegò lui, nascondendo la bocca dietro il proprio panino.
Lei annuì, masticò e inghiotti: “Anch’io”.
“Il tuo com’è?” chiese Mirko, adottando d’istinto quella confidenza che aveva desiderato a prima vista.
“Eccezionale come sempre, e il tuo?” gli rispose lei, adeguandosi senza batter ciglio.
“Perfetto! Vuoi assaggiare?” offrì Mirko, generoso. “Che c’è, dentro?” chiese lei diffidente.
“Melanzane fritte e pecorino. E nel tuo?”
“Zucca arrostita e ricotta salata” disse Isa. E dopo una breve esitazione, si decise a proporre:
“Ne vuoi?”
Invece di risponderle o semplicemente annuire, lui appoggiò il proprio pasto e prese – delicato – con entrambe le sue la mano di lei che teneva il panino nella carta gialla e spessa e un po’ unta, se lo avvicinò alla bocca e diede un piccolo morso: un assaggio.
Le restituì la mano – e il panino – con riluttanza.
Lei se la riprese ma invece di addentare rimase a fissare lui, in attesa.
Che ci mise più del tempo di un pensiero, a tradurre lo sguardo interrogativo di lei: ma infine capì.
Isa staccò con garbo con le dita un boccone dal panino che lui le porgeva.
“Buonissimo” commentò. “E il mio com’era?”
“Ottimo, anzi, la prossima volta lo prendo anch’io” affermò deciso Mirko.
Sul prossimo futuro incontro ancora sospeso nell’aria tra loro, il cameriere portò i caffè.
“Allora, qual è la prima casa da visitare sul tuo programma?” le chiese.
“Non è distante da qui, se vuoi possiamo anche raggiungerla a piedi” rispose Isa, controllando sul portatile la propria giornata di lavoro.
Si incamminarono, l’aria profumata di mare tutt’intorno.
“Lo sai, vero, che la casa che stiamo per vedere non ce li ha, i bagni in tutte le camere da letto?”
disse Isa dopo un po’. Lui rifletté un momento poi le chiese: “Da qui, fammi pensare…è per caso in via dei Glicini 43? Di mattoni a vista, con una quercia enorme nel giardino sul retro?”
“Sì, proprio quella!” esclamò lei; poi si insospettì: “Non l’avrai mica costruita tu!”
“Un bagno piccolo a piano terra, due grandi al piano superiore, cantina, garage e soffitta abitabile” rispose lui tutto orgoglioso.
“Strada dei Colli 252, verso la campagna?” lo interrogò allora Isa a bruciapelo.
Mirko si fermò e chiuse gli occhi come per meglio concentrarsi. “Bianca, con il portico rivestito di sassi, le travi a vista e i pavimenti di larice vecchio. Cucina aperta, con un arco al posto della porta” descrisse.
“Oddio, ma così come si fa” si allarmò Isa. “Bisogna che ci sediamo e facciamo una seria disamina delle proposte che avevo in programma” disse, lasciando trapelare una certa agitazione.
“Perchè, scusa?” chiese Mirko stupito.
“Ma è ovvio” esclamò lei. “Se le hai costruite tu con la tua impresa, le case che sto per farti visitare, che senso avrebbe, fartele rivedere?” concluse.
“Be’, ma non le ho mica mai viste completate, tinteggiate, rifinite insomma” contrattaccò lui.
E dov’è finito, quel bruciante desiderio di non aver mai visto prima i muri nudi, le finestre vuote, i pavimenti spogli, le porte senza infissi? fece una voce petulante dentro la sua testa. E’ diventato un bruciante desiderio di altro tipo, va bene? rispose aggressivo a se stesso, mettendosi a tacere senza tanti complimenti.
“Perciò…vuoi continuare?” gli domandò esitante Isa, ignara del conflitto tutto interiore di lui.
“Ma certo!” affermò Mirko.
“E vuoi anche che siano soddisfatte tutte quelle richieste che mi hai presentato al nostro primo incontro? Soffitta, tavernetta, garage, giardino?” chiese serafica.
“Ecco, ad essere sincero, sono stato un pochino esigente ma solo perchè…”
“Un pochino?!” lo interruppe lei, divertita.
“Solo perchè volevo essere certo di rivederti” le confessò Mirko senza guardarla.
“Ah. Allora andremo avanti a visitare case finché non ne avremo trovata una che ci piaccia veramente” disse Isa, tranquilla.
“A me e a te, vuoi dire?” si sentì specificare Mirko.
“Certo!” fece lei.
“Perfetto” disse lui, prendendola per mano e riprendendo a camminare.

Il vento salmastro dal mare lontano li avvolse nel loro parlare.
Futuro e presente.

2 pensieri su “Vite di non illustri neppure esistiti, per quanto/ Mirko Giovanni e Isadora Maria

  1. A volte accade che arrivi un momento, uno soltanto, uno ma che ne vale centomila insieme. E quel momento diventa minuti, poi ore, poi giorni, settimane, mesi, diventa la vita intera. E quel momento è impossibile descriverlo, spiegarlo, come è mai possibile descrivere o spiegare un momento che cambia la vita? Per capirlo, comprenderlo, lo si deve provare, sentirselo nascere e crescere addosso come una seconda pelle, che prende il posto della prima, lacera e consunta.

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